Ricerca sulle buone prassi di sostegno alle vittime e di riparazione del danno

QUALI PRATICHE E PERCORSI DI RIPARAZIONE DEL DANNO?

Di seguito vengono proposte alcune riflessioni sintetiche prodotte a partire dai risultati della ricerca condotta nell’ambito del progetto Banca dati:

LA GRATUITA’

La totalità dei soggetti intervistati eroga servizi gratuiti. Questo deriva probabilmente dalla percezione che la vittimizzazione è la conseguenza della mancata protezione da parte dello stato. Sebbene questa interepretazione sia passibile di approfondimenti ulteriori (ad es. attraverso la verifica che i singoli progetti e/o sportelli non siano già finanziati da un’ente pubblico) può consentire anche un’apertura a una riflessione opposta: potrebbe esistere una richiesta onnipotente di protezione da parte dello stato? Rispetto a ciò, in realtà in nessuna epoca storica lo Stato stesso è mai riuscito a prevenire totalmente la vittimizzazione. L’abbandono di una dimensione onnipotente consentirebbe il passaggio all’esame di realtà per cui per molte vittime i servizi dati dalla collettività ed il privato sociale sono l’unica firma di protezione e non vi è certezza alcuna che non ci saranno recidive nella vittimizzazione.

LA COMPLEMENTARIETA’ RISPETTO ALL’EMERGENZA

La maggior parte dei progetti pur rispondendo nell’immediatezza ai bisogni della vittima non sostituisce i servizi sociali pubblici nel circuito di case di protezione ma è complementare con la stessa
Si limita quindi a fornire servizi a chi si trova nelle case così come ai cittadini non protetti sul solo presupposto che l’attività vuole rispondere ad un bisogno psicologico e di relazione.
Le risposte offerte sono costanti e comuni: informazioni sui diritti, accoglienza e sostegno psicologico, accompagnamento ai servizi.
Solo in circa un terzo delle strutture contattate, tuttavia, tra i principi guida vi è quello della prospettiva ripartiva.
Questo può tradursi in Mancanza di strutture residenziali Solo i centri antiviolenza alle donne ha disponibilità di struttura residenziale.

IL RISARCIMENTO ECONOMICO E PSICOLOGICO

Spesso contributo economico e supporto psicologico sono comprensenti quando l’attività è gestita da un’istituzione.
La quasi totale assenza di rimborsi economici si lega a due fattori probabilmente:
a) da un lato per evitare truffe è necessario attendere un minimo di indagine giudiziaria che attesti quantomeno la verosimiglianza della vittimizzazione
b) dall’altro tale approccio risarcitorio è supplementare al mancato risarcimento del reo e quindi non può essere compatibile con l’immediata presa in carico dei bisogni di sostegno della vittima a livello personale.

L’APPROCCIO GENERICISTA

E’ presente solo in un numero esiguo di strutture a dimostrare la tendenza alla specilizzazione rispetto alle vittime e alla conseguente necessità che, in un certo qual modo, sia la vittima a orientarsi a priori e non le strutture ad accogliere tutti e poi a orientarli.

LIMITAZIONE A STRANIERI REGOLARI

La questione dell’accesso degli stranieri irregolari si incrocia con le regole di accesso ai servizi poste soprattutto dell’ente pubblico sia come fornitore che come committente del servizio. In particolare molti servizi offerti da strutture pubbliche prevedono l’erogazione a fronte del regolare soggiorno mentre il fatto che in questo caso il finanziatore sia un privato (ad es. Compagnia di San Paolo, Torino) permette l’accessibilità a tutti senza dover rispettare le regole di accesso che si sono dati i servizi offerti o finanziati da un ente pubblico.

ACCESSO SUBORDINATO ALLA DENUNCIA

Tale questione si incrocia con la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.
Quando questi sono presenti incombe su di loro un obbligo di denuncia che può compromettere la confidenzialità. Una delle soluzioni è vincolare l’accesso all’avvenuta comunicazione del fatto costituente reato alle forze dell’ordine
Vi sono servizi invece che prescindono totalmente da tale comunicazione.
In conclusione se il vincolo della previa denuncia facilita per gli operatori il mantenimento della confidenzialità uin quanto siccome il fatto di reato è già conosciuto alle forze dell’ordine non sarà possibile che nasca a carico dell’operatore un obbligo di denunciare fatti di cui vengono a conoscenza nel percorso di supporto Tuttavia questa situazione esclude la possibilità di agganciare il sommerso cioè tutte quelle vittime che non hanno denunciato o comunque comunicato alle forze dell’ordine il reato. Questo soprattutto nei reati relazionali che hanno una cifra nera apri al 90% ( cioè su 100 donne maltrattate la denuncia viene presentata da 10) limita molto l’incidenza del progetto sull’ampiezza del fenomeno.

PREVENZIONE

L’Aifvs si occupa anche di attività preventive le altre associazioni solo di attività ripartiva dei vissuti e/o della relazione.

LA MANCATA OCCASIONE

Scarsi appaiono i contatti con le forze dell’ordine; quando ci sono intese tra organizzazioni e forze dell’ordine stesse gli agenti vengono chiamati come formatori o come invianti.
Pare esservi ancora un ritardo culturale nel comprendere la complementarietà di saperi tra ordine pubblico e sociale e psicologico capaci di tradursi poi in reti di collaborazioni.

LA CULTURA DELLA MEDIAZIONE

Mediazione è presente in cinque degli intervistati con forme diverse ma tutte tese alla gestione del conflitto relazionale vi sono approcci che comportano la partecipazione anche di esponenti delle forze dell’ordine oppure solo di mediatori.